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Rodi è la più grande delle isole del Dodecaneso e la più orientale delle maggiori isole del mar Egeo, a 18 chilometri dalla costa della Turchia.

Oltre alle belle spiagge Rodi offre un patrimonio storico e artistico straordinario, che testimonia le molteplici influenze che l’isola ha avuto nel corso dei secoli.

È una grande emozione vedere Rodi quando ci si avvicina dal mare. La città medievale si innalza dal porto e verso l’interno si scorgono le cupole e i minareti delle moschee.

L’aliscafo entra nel porto passando in mezzo alle due colonne sulle quali si sarebbe eretto, intorno al 300 a.C., il Colosso di Rodi. Adesso si erge su una delle colonne una cerbiatta in bronzo, l’altra colonna è in restauro.

Rodi, cosa vedere

La città vecchia si trova a sud dei quartieri più moderni. Gran parte del nucleo originario, compresa la cinta di mura, è stato edificato dai Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme agli inizi del XIV secolo. I cavalieri di Rodi costituirono un vero e proprio stato autonomo e per oltre due secoli esercitarono una fondamentale influenza negli equilibri politici dell’area mediterranea orientale. Nel 1522 con l’invasione dell’isola da parte dei turchi ottomani di Solimano I dovettero fuggire e riparare a Malta.

La città medievale di Rodi, una delle meglio conservate di tutta Europa, è circondata da mura fortificate ed è composta da due parti distinte: a nord il Collachium, ovvero la fortezza vera e propria occupata dai cavalieri, a sud il Bourg o Chora, labirinto di vie che costituisce la città vecchia, la zona dove risiedeva la popolazione composta da greci, turchi ed ebrei. Qui si teneva il mercato, qui ancora oggi si ammirano chiese bizantine, moschee, bagni turchi, palazzi dai forti connotati gotici.

Il Collachium, fondato da alcuni mercanti amalfitani nel XI secolo, era in origine niente altro che un ricovero per assistere i pellegrini cristiani che da qui transitavano nel loro lungo viaggio verso la Palestina. Da non perdere, all’interno dei quattro chilometri di cinta muraria (con tanto di fossato, undici porte e centocinquantuno stemmi), la porta di Ambone, la via dei Cavalieri che dal porto sale fino al palazzo del Gran Maestro, l’imponente palazzo del Gran Maestro con le sue torri (parzialmente distrutto nel 1856 dall’esplosione di una polveriera ma ricostruito dagli italiani nel corso degli anni trenta), l’ospedale dei Cavalieri (oggi trasformato in museo archeologico), l’arsenale, l’ostello delle sette lingue.

La Via dei Cavalieri è indicata sulla mappa con il nome di Ippoton ed è una delle vie medievale meglio conservate del mondo. É stata costruita sull’antica via che portava dall’Acropoli al porto. Durante il XVI secolo fu popolata da Ospedali di diversa nazionalità in cui erano ospitati i Cavalieri di San Giovanni provenienti da tutta Europa. A seconda del paese di provenienza, le facciate degli Ospedali avevano diversi stili architettonici. A Rodi i cavalieri dimoravano in alloggi chiamati Ospedali o Hospitallers e divisi per nazionalità di provenienza: Provenza, Alvernia, Francia, Italia, Aragona, Inghilterra, Alemagna, Castiglia. Particolarmente attenti a stemmi e simboli, all’araldica in generale, i cavalieri parlavano otto lingue diverse (tante erano le provenienze) ma a Rodi vengono adottate come lingue ufficiali il latino e l’italiano.

Partendo dalla parte bassa della Via dei Cavalieri e risalendo verso il Palazzo del Gran Maestro, potrete vedere gli Ospedali rimasti, che ora ospitano banche, consolati e istituti di cultura. Il Palazzo del Gran Maestro delude un po’ rispetto alle aspettative perché quello che vedrete è una ricostruzione del 1930 operata dagli architetti del regime fascista italiano e ornato da mobili antichi e mosaici rubati dall’isola di Kos

La Moschea di Solimano il Magnifico e il Bagno Turco sono una testimonianza della dominazione turca. Il Bagno Turco, restaurato nel 2000, è ospitato in una struttura bizantina del VII secolo e offre una sosta davvero rigenerante. Si trova in Platea Arionos, tra una grande moschea e un teatro che ospita spettacoli di danza folcoristiche.

Del quartiere ebraico restano alcune case con iscrizioni in ebraico, la sinagoga e il cimitero. La piazza su cui si affaccia la sinagoga è stata dedicata ai martiri ebrei della seconda guerra mondiale. Se vi inoltrate nelle vie residenziali, troverete ancora case abbandonate e i segni dei saccheggi e degli incendi.

Nei dintorni della piazza c’è l’Ospizio di Santa Caterina, costruito nel XIV secolo per ordine dei Cavalieri di San Giovanni. Nel 1997 l’Ospizio ha meritato un premio internazionale per il miglior restauro dell’anno.