Erano due anni che non la vedevo la mia Marjù.. lei che vive da sempre in mezzo ai colori e vede belle anche le cose brutte, lei che inventa le parole assieme a me che le capiamo solo noi, lei sempre immersa in qualche storia d’amore appassionata che si confonde fra i suoi riccioli arcobaleno, il suo profumo di cannella e la sua fantasia che vola a volte più della mia e prende gli aerei per i posti lontani che qua non esistono per davvero…
Questa volta Marjù mi porta a casa sua nel cuore della Bretagna fra le nuovole basse come l’irlanda, le foglie che l’autunno ha gettato tutto attorno, e la pioggerellina che che litiga con l’arcobaleno ogni dieci minuti…
e anche se Rennes è lì vicino Marjù preferisce stare nel paesino di campagna che così Polluk, il suo cane, zampetta dove vuole e anche se lei si veste floreale nessuno dice niente e poi la sera quando torna Cristol, il suo ragazzo, portano Polluk nella foresta dietro casa fra le strade di erba verde scura, i laghi con le oche, e la casa blu e bianca che non si sa chi ci vive ma ogni tanto fuori ci mettono i fiori…
E allora oggi con Marjù andiamo a vedere la casa di Re Artù che tutti i paesi celtici dicono “ah qui è nato Re Artù quello vero non quello della leggenda” ed allora io penso che forse di questi Re Artù ce ne erano tanti: uno in Galizia che parlava spagnolo, mangiava il pesce con la carne e gli piaceva il vino rosso, uno in Scozia che faceva le vacanze nell’Isola di Sky, uno in Cornovaglia che banchettava con i Tudor, uno in Irlanda che si ubriacava a Doolin, ed uno anche in Bretagna che viveva vicino a Marjù nella Foresta di Broceliande.
E prendiamo la macchina sgarruppata e partiamo alla volta della foresta e piove ma è bello lo stesso, e compaiono gli alberi alti che bucano le nuovole e ci accompagnano lungo le strade senza sole e senza fine, e cantiamo qualcosa come la Via en Rose e poi il cielo d’Irlanda e poi All the things she said e poi cerchiamo Godot che chissà magari ci aspetta negli archi di luce che spaccano l’ombra e lasciano scoperti i sentierini variopinti che si nascondono nel bosco da più di mille anni.
E parcheggiamo in un villaggio di case basse con i tetti che spiovono la pioggia leggera che fa da coperta alle tegole color muschio, e senza ombrello inziamo a correre nel bosco per cercare l’albero d’oro che qua ai tempi delle leggende Merlino aveva traformato un albero infuocato in oro e allora ci avevano costruito attorno un prato di rocce affilate così nessuno lo portava via questo albero.
E noi, che alle leggende ci crediamo più dei bambini in Babbo Natale, immergiamo le nostre scarpe nel fango rosso e arancione di foglie, e balliamo con gli alberi, e seguiamo le nuvole verso la luce, e passiamo di fianco al lago specchio dove le piante si pettinano la chioma col vento la mattina e la sera, e lo troviamo l’albero d’oro che spunta luminoso fra le ombre di magia, e lo fotografiamo unaduetrequattrocinqueseisetteotto… volte, che se fosse solo leggenda allora nella foto l’abero non si vedrebbe mica, che la fantasia purtroppo non la puoi mica fotografare con la digitale ma solo col pensiero…
e salutiamo l’albero d’oro e ripartiamo a caccia dell’albero secolare che dicono ha duemilaepiù anni, e il bosco ci fa spazio e restiamo noi in mezzo al prato con le mucche, i cavalli, le nuovole e l’arcobaleno, e vediamo che qualcuno ci osserva da lontano e ci indica con la mano, e qualcuno è l’abero e la sua mano è il ramo più grande, e ci mettiamo vicine al suo busto e ci sentiamo piccine come le formiche di fianco alle Alpi.
e il sole sta scendendo, e il cielo diventa viola, e noi non ci fermiamo che dobbiamo trovare la tomba di Merlino, e ci accodiamo a delle donne francesi tutte scepepepepe e fiorì di lillà, e superiamo il fiume che bagna l’erba verde che circonda i piedi degli alberi, e poi arriviamo ad uno spiazzo che si sente solo il rumore della foresta, che le donne di lillà non parlano più, ed io non faccio nemmeno i tic e Marjù non canta mica, e davanti a noi c’è lei la roccia che protegge la leggenda di Merlino e ricopre di mistero e magia la nostra giornata.
E ripartiamo verso Rennes con i piedi di fango, le mani di ghiaccio, i capelli di autunno e la testa piena delle cose belle che solo Marjù riesce a vedere, e Polluk ci aspetta sulla porta di casa, e Cristol ha cucinato le patate col burro salato ed io e Marjù pensiamo che anche se Godot non l’abbiamo trovato è stata una giornata magica che non ci fa più smettere di cantare somewhere over the Rainbown…
Perchè quando sono con Marjù anche le cose più normali diventano speciali, e posso vedere anche i posti che so che non esistono, e le leggende diventano realtà, e la realtà diventa leggenda, e Re Artù beato te che sei vissuto in Bretagna vicino alla mia Marjù!