Sabbia bianca, taranta pazza, vinello sotto le stelle…. tutto su e giù da un furgone, a spasso per il Salento.
Partiamo col furgone della squadra di Stefano, uno di quelli che li vedi lì nei telefilm anni ’80 e dici che ci sono solo nei telefilm e non nella realtà.
Partiamo in cinque: io, lui, Paola la mia amica, e due suoi amici che non li ho mai visti prima ma secondo me a Paola piacciono.
Partiamo che diciamo di andare giù nel sud fino a che ci va, diciamo e diciamo, facciamo gli avventurieri sul furgone alternativo ma io e Stefano lo sappiamo che ci fermeremo in Salento e poi vorremmo stare lì.
Partiamo che guida Stefano e io sto dietro con Paola che già programma cosa dirà al più bello dei 2 amici di Stefano quando capiterà che berranno troppo.
Partiamo che io voglio andare a Copertino in Salento perché so che lì ci potrebbero essere i Negramaro, ma non lo dico mica a nessuno degli altri quattro se no poi mi prendono in giro e pensano che sono una minorenne scema.
Partiamo che non vogliamo spendere e allora se capita dormiremo nel furgone strano.
Stefano guida ed io sudo, il furgone è alternativo e mica c’e l’ha l’aria condizionata da pullman fighetto.
Superiamo il Gargano che si vede il mare e vorrei fare il bagno, ma si prosegue, legge Paola sulla cartina di fermarci a Torre dell’Orso, prima di Otranto ma meno cara.
Così arriviamo alle 22 e cerchiamo un parcheggio per il furgone, che poi se cercare proprio un letto ci pensiamo domani dice Stefano con i suoi amici, per me Paola invece vuole un letto. Ci si cambia nel furgone due a due e si esce.
A Torre dell’Orso c’è la saga dell’olio e con quattro euro mangi e bevi un bicchiere di vino. Il paesino cammina lungo la costa e c’è un chioschetto che guarda il mare e ti vende le birre. Così dopo il vino beviamo la birra ed il vino ancora.
Quando sono un po’ alticcia scopro che musica in Salento vuol dire taranta, e sul palco al centro del paesino 6 musicisti buffi saltano con i tamburi e la voce, sotto al palco la gente è impazzita, con i rasta in testa e le canottiere batik seguono i salti dei musicisti e sembra che il tempo si è fermato quando è iniziata la musica.
Ricomincio a pensare all’orologio che sono le 5 non ho più il fisico e ci addormentiamo incastrati e stesi a caso nel furgone.
La mattina è stanca e così Stefano va a cercare un posto economico per dormire ed io e Paola cerchiamo la spiaggia, le spiagge qua sono almeno due, una con la sabbia bianca che, se non fosse bellissima l’acqua, sarebbe come stare a Milano Marittima e non mi piace, ed una, tutta di rocce, che sembra di stare un centro sociale all’aperto e mi piace troppo.
La spiaggia che piace a me è fatta di strati di roccia che scendono giù giù e fanno un cerchio dove c’è l’acqua azzurra che guarda il fondo. Nelle rocce alte ci sono i tuffatori in fila che si lanciano verso il cielo e cascano nel mare, nelle rocce basse, intorno al mio telo, ci sono i gruppi di rasta che suonano il tamburo e fumano il narghilé.
Voglio un po’ di narghilé ma “no che quello è afrodisiaco” di Paola che fa la per bene ma lo dice più a lei che a me.
La sera Stefano ha trovato un appartamento con 3 camere e un cucinotto piccolo ma non ci frega che noi mangiamo alle saghe mica cuciniamo. Ma la saga quella sera non sappiamo dov’è e allora Stefano dice di andare a Lecce che ci sono i calici di stelle e la gente beve il vino per le strade col bicchierino che pende dal collo e le labbra sempre a mollo.
Lecce è incastrata fra le strade ciottolate con i giocolieri che si dissolvono nelle piazze fatte di luci, e io decido che stasera bevo e anche Paola decide così. Stefano è il più ubriaco e Paola prende la mano di uno degli amici di Stefano, quello che per me è più bello, e se la mette nella sua e poi mi guarda e fa l’occhietto.
Torniamo a Torre dell’Orso che tutti dormono tranne me che tengo sveglio Stefano che tiene sveglio il furgone mentre guida fra le maglie della campagna salentina, e le stelle saltano sul parabrezza e la luna guarda il mare ed io sento un vibrio lì vicino ad Stefano che non lo devo mica sentire.
Il giorno dopo Paola dice che ci sono i laghi Alimini che sono pezzi di spiaggia dopo un bosco, che ci arrivi se cammini nel bosco ma dopo l’acqua è proprio bella. E allora Stefano parcheggia il furgone nel bosco e camminiamo fra i fili di foglie cadute fino a vedere la spiaggia color dell’alba.
Stendo il telo che Stefano è già in acqua, Paola dice che l’amico di Stefano, quello che per me è più bello, non l’ha mica voluta, io le dico “guarda a destra nel bagnasciuga più bagnato che asciutto che c’è la compagnia delle Indie” ed fatta di surfisti con le nocche nei pettorali ed i capelli ingellati, che perché se li ingellano poi per venire al mare mica lo so e nemmeno mi piace, ma a Paola sì, a lei piace proprio, e per me le conta le nocche sul petto di quei maschi ingellati lì.
C’è una discoteca che si chiama “Oasi” prima del bosco che ci dobbiamo andare sicuro dice Stefano che per scommessa deve sempre sbacettare la più strana della discoteca. E allora mangiamo spaghetti ai ricci al ristorante prima del boschetto e poi ci infiliamo nel furgone per stropicciare via la sabbia dai vestiti da spiaggia.
Entriamo in discoteca e son tutti belli e vestiti bene, e le femmine hanno le borse di firma che costano quanto la mia vacanza lì, e noi non ci troviamo mica tanto bene e allora decidiamo io e Stefano che ci dobbiamo ubriacare ma un coca e rum costa 6 euro e dopo 4 bicchieri i soldi son finiti e la testa gira troppo poco per cercare di essere la più strana della discoteca.
Torniamo che è quasi l’alba e la radio rotta dice confusa che i Negramaro fanno il concerto a Porto Cesareo domani, io fingo di nulla, che mica sono una minorenne fun seria, ma dico ad Stefano nell’orecchio che il giorno dopo si può andare sullo Ionio giù fino a Gallipoli e poi su per Porto Cesareo.
Lui dice si.
Partiamo il pomeriggio che abbiamo dormito parecchio e bene, che qua il clima non è umido e mi rotolo nelle lenzuola che scivolano via. Direzione Gallipoli ma prima Stefano si sbaglia strada e passa da Copertino “che la si allunga di poco” spiega con i ricci a forma di rasta di sabbia.
Gallipoli è bianca, corre lungo il mare e si infila nelle stradine che finiscono nelle case piccole piene di fiori, poi sale sulle finestre verdi con i pesci disegnati e si rituffa nel mare ma dalla spiaggia piena di gente.
E poi c’è un posto fra Gallipoli e Porto Cesareo, un posto dentro alla foresta fra pietre, acqua di cristallo e grotte sotto e sopra che sembra che il tempo ci si è fermato pure lui lì a fare il bagno, e si è dimenticato di andare avanti, e allora lì non ci sono le case, e non ci sono le mamme sotto gli ombrelloni che urlano ai bimbi, e non ci sono le tedesche con le tette nude, ma ci siamo solo noi e il mare che nuota in mezzo alla foresta, che scherza entrando ed uscendo dalle grotte e che non vuole che andiamo più via. “Siamo a Porto Selvaggio” spiega Stefano che un suo amico gli aveva detto di cercarlo che era proprio da vedere.
Arriviamo a Porto Cesareo che il cielo è quasi blu, mangiamo veloce perché i Negramaro cantano già, fingo che non mi piace mica quel pelato lì che urla nel microfono e fingo che penso “che palle che guardiamo il concerto”, tutti dicono quello che dico io ma non ci muoviamo, stiamo lì con la testa fra le stelle ad ascoltare quelle canzoni che dopo che ci sei stato in Salento sembra proprio che le hanno scritte mentre giocavano col mare e col tempo a Porto Selvaggio.
E domani si risale al nord nell’umidità e nel fresco metallico dei condizionatori stupidi, e mentre torniamo a Torre dell’Orso sul pullman Paola dice che a Bologna saranno 40 gradi all’ombra, i due amici di Stefano dicono che è triste che si vada già a casa, io guardo Stefano e sorrido… mi ha appena detto che quella più strana di tutte, per lui, sono io !
Di: Francesca